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Una nostra lettrice ci scrive:

Sono una mamma di un figlio unico di quasi tre anni. Da qualche tempo ha iniziato a darmi graffi e schiaffi come reazione a miei rimproveri. L’ultima volta ho risposto con uno schiaffo e mi sono sentita un verme…ho paura che se non lo sgrido e non rispondo alle sue provocazioni non capisce che è sbagliato, però mi hanno suggerito di lasciar perdere…io ho paura che sia arrabbiato con me per qualcosa, ma non riesco a capire per cosa…poi spesso preferisce suo padre e mi fa sentire ancora più inutile…come devo fare per migliorare il rapporto con lui?

 
 

Quello che questa mamma sta affrontando è, secondo me, uno dei primi e più difficili periodi della crescita del proprio bambino, che spesso crea difficoltà di gestione nei genitori.

Tra i 18 e i 36 mesi, con diverse gradazioni e variabilità da bimbo a bimbo, i piccoli attraversano una fase che li porta a rompere parzialmente la dipendenza dall’adulto e a sviluppare una nuova posizione personale: praticamente si identificano come individui e si autoaffermano. Questa fase si acutizza spesso proprio intorno ai due anni e mezzo, manifestandosi con la ribellione al genitore, soprattutto quello da cui sono più dipendenti. Spesso ciò li porta anche ad avvicinarsi ad altre persone dello stesso sesso, persone con cui il bimbo può riuscire meglio a identificarsi o che sono più facilmente imitabili, in quanto “più simili” (pensiamo semplicemente a tutto il discorso della sessualità, che i bimbi scoprono più chiaramente in questo periodo: “Le femmine hanno la vagina e i maschi il pene, io perciò sono un maschietto, differente da te”).

Per i bambini di questa età è molto difficile riuscire a gestire la propria aggressività: quella cosa che permette loro di agire consapevolmente nel mondo, ma che spesso si può trasformare in ira o violenza. È proprio in questo che noi dobbiamo aiutarli. La cosa importante è cercare di mantenere il più possibile l’autocontrollo e ricordarsi che questa fase così difficile è, in fondo, importantissima per la crescita dei bimbi: li conduce infatti a essere degli individui unici, con una propria personalità e un proprio pensiero.

Tutto questo non significa che dobbiamo permettere che loro facciano qualsiasi cosa, anzi! I bimbi spesso ci provocano per capire fino a dove possono o non possono arrivare, cosa è socialmente accettabile. L’autodisciplina è l’obiettivo finale della nostra azione disciplinare, ma il bambino la conquista gradualmente: prima esplora per provare l’esistenza di limiti, poi provoca per ricevere un chiaro segnale di ciò che è o non è corretto e, infine, arriverà a interiorizzare questi limiti prima sconosciuti. Ovviamente sta a noi imporre i limiti e la disciplina, anche se a volte faticosamente. Personalmente, sono contro la violenza in generale e credo che ci siano altre strade che possano essere prese; allo stesso tempo riconosco che siamo esseri umani con un limite di pazienza e a volte con molta stanchezza sulle spalle. Credo che capiti a tutti che una crisi di rabbia o di nervosismo ci faccia scappare lo schiaffo e questo non significa che siamo persone cattive, anzi quello che la nostra lettrice scrive dimostra esattamente il contrario! Come dicevo sono contraria alle punizioni fisiche, perché danno l’impressione che si possano risolvere le cose con la violenza, quando invece spesso è proprio la violenza del il bambino ciò che vorremmo arginare.

Mi piacerebbe provare a suggerire qualche strategia per gestire le situazioni difficili e per riconoscere, nei momenti più semplici, il grande lavoro di crescita che il bimbo sta facendo, in modo da cercare di avvicinarlo un poco di più e provare a recuperare una relazione più serena.

Il bambino, in questo periodo, ha soprattutto bisogno di tempo, di informazioni e di ragioni per cui noi compiamo delle azioni (per esempio il motivo per cui gli diamo una punizione). È utile parlare con lui, anche se a volte sembrerà non ascoltare: possiamo dirgli quanto siamo felici che stia crescendo e riconoscere che può avere bisogni ed emozioni solo sue e che può far sapere agli altri quando è arrabbiato.

È utile stabilire dei limiti e insegnare al bimbo a rispettarli, parlandone insieme prima del momento fatidico dell’esplosione di rabbia, oppure a mente più fredda dopo che tutto sarà passato. Durante e dopo la sgridata o la punizione, è necessario spiegare sempre il motivo, possibilmente riferendosi in maniera oggettiva all’azione e non alla persona (es. “Ti ho sgridato perché non è giusto graffiare gli altri, fa male al corpo e al cuore della persona a cui lo fai” invece di “Ti ho sgridato perché sei un bambino cattivo che graffia le persone”). Quando un bambino è in un momento di crisi, di nervoso o agitazione eccessiva, in cui sarebbe comunque impossibile ragionare, possiamo dargli una pausa, magari lasciandolo qualche minuto nella propria stanza, sempre spiegando la motivazione (es. “In questo momento sei molto agitato e non riesco a parlare con te; resta in camera alcuni minuti, finché ti sarai calmato; poi potremo parlare insieme di quello che hai fatto). A volte risulta utile anche un contenimento fisico (per esempio  in questo caso sarebbe consigliabile provare a fermare prima il suo gesto, tenendogli saldamente le mani o i pugni chiusi, mentre gli si dice perché lo si tiene).

Ahimé, anche se questa è la cosa più dolorosa, con i bimbi bisogna essere decisi: cerchiamo di impostare alcune regole basilari, quelle che riteniamo veramente fondamentali. In famiglia le regole vanno decise insieme: mamma e papà devono essere d’accordo su questi principi fondamentali e entrambi unitamente hanno il compito di aiutare il bambino a rispettarli. Pensiamo invece se è possibile chiudere un occhio o venire a patti su altre cose, magari più banali: a volte quando sia gli adulti che i bimbi sono stanchi e nervosi di questa situazione, ci si ritrova in un continuo litigio e ogni cosa diventa una scusa per affermare la propria autorità; ci si scontra allora su tutto, finendo veramente per passare le giornate a discutere.

Dopo la pausa, la punizione o il litigio, è bene sempre ritrovarsi. È bello e importante abbracciare e cullare il bimbo anche quando ha sbagliato: è bene che il piccolo sappia che non si è sempre arrabbiati con lui e che gli vogliamo bene. Si può parlare dell’accaduto e permettere anche ai piccoli di fare proposte su come poter gestire le situazioni in futuro. E quando vediamo gli sforzi del bambino per arginare la propria rabbia o per gestire una situazione difficile, riconosciamolo e premiamo il suo impegno, con le parole e con i gesti. Questo lo aiuterà a diventare una persona equilibrata, che riconosce le proprie e le altrui sofferenze e capace di rispettare sé stessi e gli altri, ma, soprattutto, in grado di perdonare e perdonarsi quando la rabbia e la stanchezza tenderanno a sopraffarlo, come ogni tanto accade a ognuno di noi!

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