La storia insegna. Sarebbe bello davvero imparare dai propri errori e rendere il futuro migliore. Mi spiego meglio. Mi capita spesso di osservare le dinamiche nonno – bambino, due generazioni a confronto. Di solito ci si stupisce che quelli che magari un tempo erano un padre autoritario e una madre severa, in realtà, vent’anni dopo siano un nonno giocherellone ed una nonna complice. Si dice che l’essere nonni sia una seconda possibilità per tutti quelli che per motivi di lavoro, ad esempio, non abbiano potuto passare del tempo di qualità con i propri figli.
I nonni sono un bene da preservare, da coccolare, da “utilizzare” in senso buono. Avrei tanto voluto chiedere ai miei di raccontarmi come fosse la vita quando erano giovani loro, senza cellulare, senza scegliere (in certi casi) chi sposare, senza potersi frequentare liberamente perché, Dio non voglia “cosa dirà poi la gente!”. E soprattutto, avrei tanto voluto farmi raccontare la guerra. La Grande Guerra. Quando a scuola venivano chiamati i sopravvissuti dell’olocausto, e io li vedevo lì, di fronte a me, con quel famoso tatuaggio numerico, con quella paura che tutto questo non accada mai più, mille pensieri mi si accavallavano nella testa. Ed è da lì che nasce questo mio articolo. La consapevolezza, da poco scoperta, che ahimè tra qualche anno, quei sopravvissuti, quei nonni di Mauthausen o Auschwitz, non ci saranno più. Non ci sarà più nessuno a mostrare il pigiama a righe, a raccontare la giornata massacrante … e allora che ne sarà? Tutto quello che rimarrà ai nostri figli o nipoti sarà solo un racconto enunciato da qualcuno che “ha solo sentito dire” o “ha letto da qualche parte”.
E’ lì che i genitori dovranno essere bravi e costanti nel ricordare di come quegli uomini abbiano vissuto, di come i giovani partivano e non tornavano più, di come alle donne venivano tagliati i cappelli corti corti (un vero “smacco” all’epoca) per far vedere a tutto il paese che avevano avuto a che fare con il nemico. Sono assolutamente felice che abbiano istituito la giornata della memoria, ogni giorno però dovrebbe essere quello giusto per parlare, pensare ed ascoltare.
Non bisogna mai mentire ai figli, sono più forti di quanto si pensi, sono svegli, intelligenti e sensibili. Educare vuol dire anche questo, vuol dire renderli partecipi di quello che è successo e di come quei fatti accaduti tanti anni fa abbiano modificato la nostra vita di adesso. Di come la via “IV Novembre” abbia un senso, di chi sia Salvo d’Acquisto, di come le canzoni popolari stiano sparendo portando via con se’ un pezzo bellissimo della nostra cultura. Bisogna infondere empatia nell’altro. Bisogna fare in modo che nei bambini nascano domande, devono sentirsi liberi di porle e devono essere felici di ascoltarne la risposta.
Se poi i nonni sono visti come dei baby-sitter, dei parcheggi gratuiti dove lasciare i figli… beh, questo è un altro argomento.
Genitori attenzione, il vostro compito è arduo ma è uno dei più belli del mondo: avete la possibilità di creare adulti liberi, giusti e colti. Non sprecate questo dono.
E come dice una frase incisa su di un monumento nel campo di concentramento di Dachau in ben trenta lingue: “quelli che non ricordano il passato, sono condannati a ripeterlo”.