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Nella mentalità comune, quando si parla del rapporto genitori–figli, siamo inconsciamente portati a concentrare maggiormente l’attenzione sullo speciale legame che si instaura tra la mamma e il bambino. Trattati di psicologia ed esperti del settore non fanno che sottolineare quanto sia importante per il figlio instaurare una  buona relazione con la propria madre e come questo influenzi la sua crescita ed il suo sviluppo futuro.

Troppo spesso, tuttavia, dimentichiamo come gli esperti invitino anche a riconoscere il giusto valore ad un altro elemento, altrettanto fondamentale nella famiglia, ovvero la figura del padre.

Rispetto al passato, oggi i padri sono sicuramente più presenti nella vita dei figli e più disponibili a cimentarsi in cambi di pannolini o biberon. Spesso le madri lavorano tutto il giorno e i confini nei compiti che spettano ai membri della coppia sono via via sfumati. A volte le donne sono ancora restie a “mollare la presa” sul loro ruolo di mamma, ma una buona madre deve lasciare che il padre rivesta il suo ruolo all’interno della famiglia e nel rapporto con il figlio.

Il padre resta in ogni caso una figura essenziale, perché costituisce un punto di riferimento con cui il bambino si confronta e attraverso cui sviluppa la propria identità.

A livello simbolico, il papà spezza il legame simbiotico che il bambino ha con la propria mamma sin dalla nascita e permette a tale unione di non diventare un laccio soffocante che ostacola lo sviluppo. Il padre offre al figlio uno sguardo diverso con cui guardare il mondo e gli permette di esplorare ciò che esiste oltre l’abbraccio materno.

I papà sono anche educatori nel vero senso del termine: parlando con i propri figli di argomenti legati alla vita quotidiana, del calcio, di automobili, facendo la lotta e giocando con loro trasmettono gli insegnamenti che permettono ai ragazzi di vivere nella società, di instaurare relazioni con i coetanei, di imparare fin dove possono spingersi e dove invece ci sono regole precise e confini da non superare. In questo modo il figlio potrà incanalare la sua aggressività in modo corretto, imparerà a gestire le frustrazioni e a rispettare gli altri.

I padri sono più destabilizzanti delle madri: non si accontentano e spesso non giustificano i figli, chiedono loro di spingersi oltre i propri limiti: ad esempio di fronte ad un bimbo che impara le prime parole la mamma di solito tende a comprendere cosa vuole dire il piccolo, mentre il papà esigerà che la frase venga riformulata in modo più chiaro, facendo sforzare il bambino così da farsi capire da tutti.

Durante l’infanzia il padre stimola la curiosità del bambino e  ha l’importante funzione di metterlo davanti alla realtà, aiutandolo ad uscire progressivamente dalla visione onnipotente tipica della prima infanzia.

Durante l’adolescenza la figura maschile diventa importante per lo sviluppo dell’identità sessuale dei figli: i ragazzi si identificano e si confrontano con lui, mentre per le ragazze avere uno sguardo maschile in famiglia le rassicura circa la loro femminilità che sta nascendo.

Entrambe le figure, quella del padre e quella della madre, sono portatrici di caratteristiche e punti di forza personali e sono quindi importanti allo stesso modo. Mamma e papà sono due genitori uguali e diversi, che forniscono due punti di vista complementari al bambino, che si strutturerà nella sua personalità proprio a partire dalla sintesi di entrambi.

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