Per molto tempo in Psicologia, Antropologia e Biologia si è parlato del concetto di bigenitorialità, in riferimento soltanto alle famiglie unite.
Dopo la Convenzione sui Diritti del Bambino di New York, risalente al 1989, si è cominciato a diffondere il concetto che un bambino debba avere un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i suoi genitori, anche nel caso in cui essi si separino.
Nel 2006 anche in Italia viene approvata una legge che introduce questo concetto destinata, però, soltanto alle famiglie in fase di separazione (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, legge 54/2006).
Come si traduce questo concetto nella vita di tutti i giorni?
La bigenitorialità viene data per scontata ed acquisita nella vita di ogni famiglia “tradizionale”, costituita cioè da due genitori che vivono con i figli, sotto lo stesso tetto. Si è soliti pensare, inoltre, che uomo e donna rivestano il loro ruolo di padre e madre in maniera paritetica. Ciò vuol dire che ognuno si prende cura ed educa i figli al 50%.
Ma questo è davvero ciò che accade nella società odierna? Come ci insegna l’esperienza diretta, questa non è la realtà di molte famiglie italiane. Spesso a causa di un lavoro che porta via molto tempo, uno dei genitori è poco presente e quindi delega all’altro la maggior parte dell’educazione e della cura dei figli. Oppure ci sono genitori che sono presenti fisicamente ma assenti dal punto di vista emotivo-affettivo ed educativo: cioè non sono totalmente coinvolti emotivamente ed esperienzialmente nella vita dei figli. In queste situazioni, dato che i due genitori vivono insieme, nessuno parla di bigenitorialità o meglio della sua assenza.
Bisogna però prestare attenzione in quanto anche queste situazioni creano degli squilibri familiari e quindi potrebbero creare difficoltà future ai figli, in primis proprio per cosa interiorizzano come figura di genitore (e quindi che genitori saranno loro da adulti).
Sarebbe quindi importante, come genitori e come operatori, non dare per scontata la bigenitorialità solamente perché la coppia vive nella stessa casa.
Come vivere la bigenitorialità dopo la separazione?
Il concetto di bigenitorialità diventa oltremodo fondamentale nei casi di separazione e divorzi. Il fondamento di tutto è che i due genitori trovino un accordo di fondo sulle questioni di base della crescita ed educazione dei figli (ad esempio: scuola, regole generali, salute, attività extrascolastiche, gestione dei tempi con ogni genitore, ecc.). Questo implica che i genitori continuino a comunicare per quanto riguarda la vita dei figli e quindi siano entrambi aggiornati sulle novità o difficoltà.
Inoltre, regola generale che vale sempre e che purtroppo necessita di essere continuamente ripetuta, è quella di cercare di evitare i litigi davanti ai figli. Le divergenze di opinione, che possono anche diventare accese, è meglio risolverle in privato: i figli, specialmente quelli di genitori separati, hanno bisogno di sentire che i genitori sono uniti e coesi nel loro ruolo, pur non vivendo più insieme. Sarebbe importante usare una comunicazione chiara e impostata sul mutuo rispetto, cercando di evitare di usare il sarcasmo, una posizione di difesa e il criticismo. I genitori, infatti, dovrebbero assolutamente evitare di criticare l’altro davanti al bambino: questo non deve essere coinvolto nelle dispute tra i genitori, sia che siano private sia che riguardino il ruolo genitoriale. Se ci fossero problemi o non si fosse d’accordo su come l’altro genitore si comporta, è meglio parlarne direttamente e lontano dalle orecchie lunghe dei bambini.
Il bambino poi non deve essere usato ne’ come proprio alleato contro l’altro genitore, ne’ come messaggero o spia. I bambini provano serie difficoltà nel sentirsi messi nel mezzo in quanto loro vogliono amare entrambi i genitori. Inoltre, il creare un’alleanza con il bambino (io e te bambino contro l’altro genitore) crea un grosso squilibrio nelle relazioni e forte stress per il bambino.
Un altro aspetto che viene spesso sottolineato nel caso di famiglie separate è quello che la giurisprudenza definisce “l’accesso alle famiglie di origine”. In pratica un bambino ha il diritto di poter avere relazioni e perciò di passare del tempo di qualità con la famiglia allargata, sia materna che paterna (si intende che il bambino possa frequentare zii, nonni, cugini, ecc.). Questo, oltre a essere un diritto legale, ha anche un aspetto psicologico importante: il bambino è il risultato delle due famiglie, sia come DNA sia come cultura, valori, storie, sentimenti, ecc. ed è quindi fondamentale per un bambino conoscere vivere e sperimentare entrambe queste famiglie. Anche questo aspetto è poco considerato fin quando la coppia di genitori vive insieme ma l’esperienza ci dice che in molte famiglie, per litigi o vecchi rancori, si frequenta solamente una famiglia di origine e non l’altra: in questo caso si toglie un diritto al proprio figlio e lo si priva anche di un bagaglio di esperienze, vissuti ed emozioni importanti.
La bigenitorialità è la migliore opzione per i vostri figli: perché? I bambini dovrebbero saper che loro sono più importanti del conflitto che ha fatto finire il vostro matrimonio e dovrebbero sentire che il vostro amore per loro prevarrà al di là delle circostanze che cambiano. I bambini di genitori divorziati che hanno una relazione basata sul principio della bigenitorialità:
-
Si sentono sicuri. Quando i bambini sono certi dell’amore di entrambi i genitori, reagiscono più velocemente e facilmente alla separazione e hanno un’autostima più elevata;
-
Ottengono benefici dalla solidità. L’avere lo stesso sistema di regole, disciplina ed educazione nelle due case aiuta i bambini a sapere cosa li aspetta e che cosa gli altri si aspettano da loro;
-
Comprendono meglio il problem solving. I bambini che vedono che i genitori continuano a lavorare insieme sono più propensi ad imparare come risolvere in modo pacifico, funzionale e autonomo i problemi;
-
Hanno un sano esempio da seguire e che porteranno dentro di loro in futuro.