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Riporto l’intervista di una mamma che ci insegna qualcosa sull’ADHD, il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività raccontandoci di Marco, suo figlio di 8 anni.

Parlo di “nostro” ADHD nel titolo di questo articolo perchè si tratta di un disturbo che coinvolge, forse più di altri, non solo il nucleo familiare ristretto ma anche l’intero contesto di vita che circonda il bambino. Famiglia, scuola, ed educatori extrascolastici hanno il compito di collaborare per rendere l’ambiente idoneo a poter essere gestito da un bambino con ADHD.

Come al solito, ci tengo a ringraziare E. che si è prestata a raccontarmi questo suo piccolo spaccato di vita familiare, e lo ha fatto con gentilezza, dolcezza ed incredibile disponibilità.

 
 
 

Quali sono i primi sintomi che avete notato?

Con il senno di poi devo dire che mio figlio è stato iperattivo già in pancia! Un ricordo indelebile è che durante l’ amniocentesi alla 16° settimana di gravidanza l’infermiera affermò “si muove molto!“. Dalla nascita in poi è sempre stato irrequieto, dormiva male e poco e piangeva molto. Quando ha cominciato a camminare ed esplorare il mondo lo ha fatto sempre con una grande frenesia: inarrestabile, si arrampicava ovunque, si feriva spesso pur non sembrando, tuttavia, sensibile al dolore. Essendo il mio primo ed unico figlio io consideravo tutto questo naturale.

Quando tutto questo ha iniziato ad essere visto come problematico?

Le prime segnalazioni sono arrivate all’inizio della scuola dell’infanzia. Lui non riusciva a stare fermo e a concentrarsi durante la lettura, passava da un gioco all’altro come una trottola.. Tuttavia la sua motricità non era adeguatamente sviluppata rispetto all’età. Sono state proprio le insegnanti a consigliarmi di portarlo in un centro pediatrico nel quale è stato sottoposto a diversi test psicologici ed è allora che è stata fatta la diagnosi di ADHD. Mio figlio aveva in quel momento 6 anni.

Come avete reagito alla comunicazione della diagnosi?

Beh, la mia reazione è stata quasi di sollievo, perché finalmente il problema aveva un nome e ci si poteva lavorare. Ci si può tuttora lavorare! Con i consigli della psicologa, la collaborazione con le maestre, le sedute dalla logopedista e con il farmaco la situazione sta cambiando in meglio

Tante mamme e papà sono scettici e forse addirittura impauriti all’idea di dare il farmaco al proprio figlio.

Quando me lo hanno proposto ho pensato “se fosse una questione di vita o di morte? Se mio figlio soffrisse di epilessia non ci penserei due volte!”. E così ho preso la decisione. Con l’aiuto del farmaco possiamo farcela. Senza sarebbe molto più difficile, dovrei abbandonare il lavoro e curarmi solo di lui. Non sarebbe possibile una soluzione di quest’altro tipo.

Qual è stata la vostra esperienza con il farmaco?

Del farmaco posso parlare solo in positivo. Ha migliorato nettamente i rapporti con mio figlio e senza il farmaco so che sarebbe è davvero difficile da gestire. Marco è come un piccolo tornado che si muove disseminando il caos attorno a sé. Con il farmaco funziona tutto meglio, lui riesce a concentrarsi di più sulle cose che fa ed io riesco ad essere un genitore meno stressato e brontolone. Non potersi gestire e perdere il controllo di sé credo che distruggerebbe giorno per giorno la sua autostima e questo non deve assolutamente accadere. Di effetti collaterali non ne ho notati molti, a parte forse la carenza di appetito a pranzo, che però ritorna di sera, quindi non c’è stata nemmeno perdita di peso.

Che terapia sta seguendo oltre a quella farmacologica?

Oltre alla terapia farmacologica viene seguito una volta al mese dalla psicologa per la terapia comportamentale, ogni piccola prestazione deve essere rafforzata con un sistema di premi, sia che si tratti di mettersi a fare i compiti, o prepararsi al mattino per andare a scuola, oppure ancora rimettere in ordine le sue cose. Anche la maestra a scuola fa la stessa cosa, lo motiva con degli smileys, per i quali lui poi ottiene da me dei regali, dei momenti insieme, delle gite! Io, come genitore, non ho mai partecipato ad un percorso di Parent Training, ma essendo una pedagogista sono abbastanza consapevole dei criteri educativi da adottare in generale nel compito di genitore e in particolare con l’ADHD. Certo non sono perfetta, ma chi può dire di esserlo?

Quali difficoltà permangono ancora a casa e a scuola?

Attualmente bisogna comunque stargli dietro, sia che si tratti dell´igiene personale, dell´ordine da tenere nelle sue cose, nel rammentargli di fare le cose, nello svolgimento dei compiti per la scuola. Non è facile, ma fare il genitore è comunque  il mestiere più difficile del mondo. Io cerco anche di prendermi cura di me stessa e di far decantare lo stress appena ho un attimo di tempo, non pretendendo la perfezione né da me stessa né da lui, ponendomi degli obiettivi minimi e rallegrandomi di ogni piccolo progresso. Quest’anno, ad esempio, è riuscito ad ottenere dei buoni voti a scuola, nonostante sia anche dislessico.. però che gran fatica!

Chi è Marco oltre all’ADHD?

Mio figlio è molto più dell’ADHD, è un bambino solare, sorridente, bellissimo ed intelligente! Marco è un bimbo creativo, affettuoso ed incredibilmente rompiscatole.

Come vede il suo futuro?

Da mamma, spero di poterlo seguire finché imparerà a conoscere e gestire il suo modo di essere. Ma credo che questo sia il compito che spetta ad ognuno di noi, ad ogni genitore..con o senza ADHD.

 
 

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