Ormai troppo spesso ci troviamo di fronte a fatti di cronaca che hanno come vittime le donne.
Il termine violenza è molto ampio e dalle tante sfaccettature, pertanto l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 20 Dicembre del 1993, ha adottato la Dichiarazione sulla eliminazione della violenza contro le donne, che ne dà una definizione ben precisa.
Questa dichiarazione consta di due articoli:
L’articolo 1 fornisce una definizione ampia della violenza contro le donne definendole come “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”.
L’articolo 2 ne definisce le varie forme affermando che “la violenza va intesa come comprensiva, ma non limitata, a quanto segue:
a) la violenza fisica, sessuale e psicologica che avviene in famiglia, incluse le percosse, l’abuso sessuale delle bambine nel luogo domestico, la violenza legata alla dote, lo stupro da parte del marito, le mutilazioni genitali femminili e altre pratiche tradizionali dannose per le donne, la violenza non maritale e la violenza legata allo sfruttamento;
b) la violenza fisica, sessuale e psicologica che avviene all’interno della comunità nel suo complesso, incluso lo stupro, l’abuso sessuale, la molestia sessuale e l’intimidazione sul posto di lavoro, negli istituti educativi e altrove, il traffico delle donne e la prostituzione forzata;
c)La violenza fisica, sessuale e psicologica perpetrata o condotta dallo Stato, ovunque essa accada.”
La violenza contro le donne è un problema culturale e sociale che attraversa tutte le classi sociali, è un errore pensare che sia espressione di quelle povere e deprivate. Le stime sono raccapriccianti, ogni 3 giorni viene uccisa una donna dal proprio partner, ogni 8 minuti viene uccisa una donna nel mondo, il 50% delle donne vengono uccise da un familiare. Un altro dato scoraggiante è che solo il 7% delle vittime denuncia il suo aggressore e il 33% addirittura non lo riferisce a nessuno per paura della reazione sociale.
Le motivazioni di tali violenze? Gelosia e amore diventano sempre più spesso movente e persino attenuante!
Un termine che sempre più di frequente è accostato a quello di violenza è quello di “stalking” in quanto sono molte le donne vittime di violenza che hanno subito in precedenza comportamenti persecutori. Lo stalking è un fenomeno che è sempre esistito ma solo negli ultimi decenni ha ricevuto le attenzioni delle forze dell’ordine, della comunità scientifica, dei mezzi di comunicazione e quindi della collettività.
Affinchè si possa parlare di stalking necessitano tre elementi:
– La presenza di un attore, lo stalker, che instaura nei confronti di un individuo un’intensa relazione affettiva idealizzata;
– Una serie di azioni intrusive ripetute nel tempo (telefonate, lettere, email, regali, appostamenti ecc.), caratterizzate da sorveglianza, controllo, ricerca di contatto e/o comunicazione;
– Una vittima che percepisca i comportamenti dello stalker come fastidiosi, insistenti, minacciosi, sgraditi, intrusivi.
Lo psicologo Harald Ege distingue tre tipi di stalking:
– Emotivo, cioè quel tipo di persecuzione attuata da ex-coniugi, ex-fidanzati o altri che non riuscendo ad accettare la rottura della relazione affettiva, avuta in passato con la vittima e interrotta dalla stessa, desiderano nuovamente un approccio ossessionati dalla volontà di convincerla a cambiare idea.
– Delle celebrità, che riguarda la persecuzione ai danni di persone di pubblico interesse e personaggi famosi da parte di sostenitori.
L’interesse che spinge lo stalker ad agire può essere positivo, cioè spinto da sentimenti di ammirazione ossessiva che lo portano a collezionare immagini ed oggetti del suo idolo e addirittura ad identificarsi con lui. Oppure l’interesse può essere negativo quindi mosso da invidia, gelosia, odio.
– Occupazionale, che inizia sul posto di lavoro ma poi invade la vita privata della vittima.
Tipologie di stalker
Il risentito: vuole attivamente perseguitare la vittima perché crede di aver subito da quest’ultima un torto o un’ingiustizia.
Il rifiutato: è la tipologia più diffusa ed intrusiva e generalmente è conseguente alla rottura di una relazione affettiva. La vittima è solitamente l’ex-partner e lo scopo che lo spinge ad agire è ristabilire il rapporto o ottenere vendetta per il rifiuto.
Il bisognoso d’affetto: indirizza i suoi sforzi nel tentativo di costruire una relazione con un partner idealizzato e persiste con i propri approcci, incurante o indifferente alle risposte negative da parte della vittima, che solitamente è uno sconosciuto o un conoscente.
Il predatore: è la tipologia più pericolosa in quanto il suo unico obiettivo è di avere un rapporto sessuale con la vittima. Trae piacere a spaventare e torturare psicologicamente la vittima, nell’ osservarla di nascosto e nel pianificare l’agguato.
Il corteggiatore incompetente: risulta opprimente e invadente principalmente perché ignora le modalità relazionali. Solitamente non insiste troppo a lungo su una stessa persona, ma ha la tendenza a ripetere lo stesso tipo di comportamento con soggetti diversi.
Le conseguenze dello stalking
Subire uno stalking sottopone la vittima ad elevati livelli di stress perché la costringe a vivere in un perenne stato di paura e ansia, a modificare le proprie abitudini con effetti negativi sulla vita privata e sociale. Ad esempio eviterà le relazioni sociali, abbandonerà il posto di lavoro, trascurerà il proprio benessere psicofisico e, nei casi più estremi, fuggirà.
Le ricadute psicologiche sono molteplici, possiamo annoverare insonnia, ansia, depressione, ipervigilanza, evitamento sociale e sindrome post-traumatica da stress.
Oltre a quelle psicologiche vi sono anche conseguenze patrimoniali (riparare oggetti di proprietà che sono stati danneggiati, installare sistemi di sicurezza, ricorrere a legali, a terapeuti), biologiche (in caso di lesioni), esistenziali (viene leso il diritto di dispiegamento delle normali attività, le vittime spesso sono costrette a cambiare casa, lavoro).
COSA FARE SE SEI VITTIMA DI STALKING:
– Evita qualsiasi contatto con lo stalker, non è respingendolo che demorderà.
– Informa le autorità, denuncia le violenze subite. Gli stalker non agiscono mossi da sentimenti positivi, i loro atteggiamenti non sono manifestazioni di amore.
– Adotta misure di sicurezza per te e per la tua famiglia.
– Parlane con un familiare, con un amico o rivolgiti ad un centro antiviolenza, non bisogna avere vergogna e pensare all’opinione della gente perché ne va della tua sicurezza, della tua vita.