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Facciamo luce sulla Psicologia dell’Invecchiamento

“Ogni età della nostra vita ha la sua importanza, con i suoi drammi e le sue gioie, e abbiamo bisogno di sentirle tutte vive dentro di noi, nel nostro presente, per percepire l’originalità della nostra esistenza. Invecchiare, cercando però di conservare gelosamente in se stessi ciascuna delle età della propria vita, è un modo di farne un tutto, una storia complessiva” (Quinodoz, 2009).

La psicologia dell’invecchiamento o psicogeriatria è una branca della psicologia che si occupa sia dei problemi psicologici dell’anziano, sia del processo di invecchiamento da un punto di vista psicologico e neuropsicologico.

La rapida crescita della popolazione anziana rappresenta uno dei fenomeni demografici più marcati cui si è assistito negli ultimi decenni. Questo dato giustifica l’attenzione che è stata rivolta alla persona anziana in tutte le sue peculiarità anche da parte delle scienze psicologiche.

Le ricerche condotte in quest’ambito, dapprima maggiormente centrate su altre fasi del ciclo del vita, quali l’infanzia e l’adolescenza, si sono comunque scontrate anche con una diffusa medicalizzazione dell’invecchiamento spesso considerato una malattia e dunque, di dominio esclusivamente medico e biologico (Scortegagna, 2005). Se il vecchio modello era terza età = malattia e malessere, il nuovo modello è terza età = salute e benessere. La vecchia vecchiaia sta scomparendo a favore di una giovane terza età.

La parola anziano non riesce più a rappresentare in modo esaustivo tutte le caratteristiche proprie della persona che vive la fase dell’invecchiamento. L’anziano d’oggi non può quindi essere più descritto utilizzando stereotipi o categorie concettuali che rischiano di apparire superate nel momento stesso in cui vengono utilizzate. Cogliere l’anziano nella sua globalità significa andare oltre le definizioni statistiche, sociologiche ed economiche di età anziana e di invecchiamento, per valorizzare invece le componenti trasformative e di cambiamento che caratterizzano questa fase di vita. L’approccio psicologico permette di descrivere questo processo nella sua continua evoluzione cogliendolo nella sua complessità e globalità ma senza irrigidirlo in descrizioni statiche.

La psicologia infatti non si limita alla misurazione delle prestazioni mentali ma si occupa della persona in tutte le sue dimensioni emotive, relazionali e sociali. L’invecchiamento è un processo naturale del ciclo di crescita e di sviluppo. Ogni anziano è il risultato di un’integrazione fra il suo essere biologico, fisiologico, psicologico, sociale e culturale.

Esistono tre processi diversi di invecchiamento:

  1. Invecchiamento primario o invecchiamento normale: caratterizzato dalla perdita di velocità nell’elaborazione delle informazioni e dal rallentamento delle abilità visuo-spaziali;

  2. Invecchiamento secondario o invecchiamento patologico: comparsa di disturbi legati all’età;

  3. Invecchiamento terziario: declino rapido ed irreversibile che coinvolge tutti gli aspetti della persona e porta al decesso.

 
Il cambiamento

Anche se in passato sono esistite società semplici che proponevano solo due classi di età (bambini e adulti), la maggior parte delle società ha fissato almeno tre classi di età: 1.Bambini; 2.Adulti; 3.Anziani. Con i cambiamenti che nel tempo hanno interessato la società industriale, questa tripartizione della vita subisce, all’interno dei suoi segmenti, modificazioni che daranno vita a nuove “fasi” (o sotto-fasi) rendendo meno rigidi i confini e creando periodi di transizione. Il cambiamento è la caratteristica principe delle diverse fasi vitali che con la terza e quarta età assume il significato di:

  • Perdita funzionale

  • Perdita della propria integrazione psico-sociale

  • Crisi di adattamento ad una nuova identità

L’andamento progressivo dell’invecchiamento se da una parte è sottoposto a continue trasformazioni dall’altra porta ad un confronto con una serie di perdite che causano il disintegrarsi del proprio sé e della propria identità.  A differenza di altre fasi della vita, nella senilità, le frustrazioni sperimentate non provengono più solo da un confronto con l’esterno, ma si originano anche dalla graduale e progressiva sperimentazione di nuovi limiti con se stessi. Quando il quadro generale si aggrava per particolari condizioni mediche e la persona perde la capacità di potersi accudire, tali frustrazioni si pongono come il terreno quotidiano sul quale si svolge una costante dialettica di confronto e sofferenza. La paura che invade molte persone anziane impedisce, però, ai molti di cogliere alcune contraddizioni che, strettamente legate ai mutamenti demografici e a quelli socioeconomici in atto, assumeranno rilevanza nel corso degli anni ‘70 per poi esplodere negli anni ’80. Ci si riferisce all’allungamento della vita media e allo stesso tempo all’invivibilità della vita allungata, all’incremento del tempo disponibile e alla non valorizzazione dello stesso, alle conquiste medico-farmacologiche e all’abbandono sociale, all’espansione dei servizi sociali, assistenziali e culturali e alla loro disfunzionalità e incapacità di dare risposte efficaci. Si rendono necessari nuovi “concetti” e nuovi “strumenti” per potere entrare e conoscere tale mondo.

 

La promozione dell’invecchiamento attivo della popolazione

Nel 2002 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha adottato l’espressione invecchiamento attivo della popolazione per far riferimento ad un concetto che ottimizzi le possibilità di salute, partecipazione e sicurezza al fine di migliorare la qualità della vita in questa fascia di età. Un’attività fisica regolare produce benefici sulla salute fisica (prevenzione malattie cardio-vascolari, diabete, neoplasie), psicologica (umore e funzionamento cognitivo) e sociale (integrazione, amicizia). Per l’Italia la percentuale di anziani che praticano attività sportiva è nettamente inferiore rispetto alla media mondiale. Si ha il 4,7% per i maschi e il 2,6% per le femmine mentre la media mondiale è di 25,1% per gli uomini e del 15,5% per le donne. Ma non c’è solo attività fisica. Con questo termine l’OMS vuol riferirsi anche alla capacità degli anziani di partecipare alle questioni sociali, economiche, culturali, spirituali e civiche in relazione ai bisogni e alle inclinazioni di ciascun individuo o gruppo. Alcuni esempi sono i comportamenti di prevenzione e promozione della salute, il lavoro retribuito, il volontariato, le attività di caregiving o babysitteraggio, di impegno sociale o civico e il lifelong learning (le università per gli anziani).

 

Stimolare la creatività

La creatività in età senile può influenzare la qualità della vita, sollecitare nuovi interessi e impegni, suggerire nuovi sviluppi alla quotidianità ed all’immediato futuro, contribuire all’adempimento di percorsi e progetti individuali. La vecchiaia può costituire un rimedio alla creatività dimenticata o sopita e può apportare energie, esperienze, ispirazioni e forza ai processi della fantasia e dell’espressione creativa. Esistono una vita ed un invecchiamento per ogni persona. Esiste una creatività per ogni individuo e ciascuno riflette l’immagine acquisita del proprio percorso creativo. In età senile il pensiero creativo può non solo conservare, ma anche incrementare ed arricchire le capacità esplorative, il desiderio di conoscenza, la concezione di sé e del proprio destino. La creatività è pertanto una prerogativa presente in tutte le persone che invecchiano perché è la qualità che meglio consente alla persona anziana di continuare ad esprimersi, di conservare, tutelare e consolidare la propria dignità.

 

Sostegno psicologico all’anziano

Il lavoro con gli anziani, da un punto di vista psicologico, va a battersi con l’identità disorganizzata della persona che lo psicologo deve cercare di ricomporre attraverso l’accettazione del cambiamento continuo, lavorando principalmente su:

  • L’adattamento alla nuova condizione

  • Sulla stimolazione delle risorse psichiche

  • Sulla stimolazione delle potenzialità utili ad affrontare situazioni di crisi e di cambiamento

  • Sui sensi di colpa che l’anziano ha nei confronti della dipendenza dai propri cari

  • Promuovere il benessere psicologico e migliorare la qualità di vita

  • Dare supporto alla famiglia gestendo le dinamiche disfunzionali e promuoverne il cambiamento

  • Potenziare la percezione di autoefficacia

  • Promuovere il riconoscimento delle risorse personali e il loro utilizzo

 

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