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Che rabbia!

La rabbia è una tensione emozionale la cui gestione necessita consapevolezza, impegno e abilità. E’ definita l’emozione di autoprotezione per eccellenza; chi ricorre alla rabbia desidera tutelare il proprio valore personale, le proprie necessità e le proprie convinzioni interiori. Può nascondere esperienze dolorose come rifiuto o abbandono, il timore di non essere un individuo che meriti rispetto.

La rabbia è erroneamente considerata una manifestazione di forza sebbene difficilmente conduca ai risultati sperati. Infatti, gli scatti d’ira generano dolore e protraggono i problemi piuttosto che risolverli.

In generale, la gestione della rabbia può avvenire in tre modi: reprimendola, con aggressività aperta o con aggressività passiva. La repressione ha l’obiettivo di ignorare la necessità di affrontare apertamente i problemi perché si ritiene che risulti infruttuosa o controproducente. Il silenzio, la compiacenza o la fuga dalla situazione possono essere indicatori di una rabbia repressa. Una rabbia apertamente aggressiva vuole mostrare onnipotenza, spesso ricorrendo ad un linguaggio volgare e insultorio. E’ una comunicazione basata sulla paura che, per quanto possa avere alla base un messaggio appropriato, lo annulla a causa dell’agitazione e delle interferenze emotive. Chi ricorre a questa forma di gestione della rabbia mostra un profondo pessimismo verso la possibilità di essere accettato con rispetto. Una rabbia palesemente aggressiva  non fa che assicurare che il problema si ripresenterà. La rabbia passivo-aggressiva, invece, volta ad evitare una prepotenza apertamente svilente, viene espressa con atteggiamenti subdoli e sotterranei, rivelando uno scarso rispetto nei confronti degli altri (lamentarsi delle persone alle loro spalle, fare il contrario di ciò che viene detto all’interlocutore, fare le cose come si desidera sapendo che disturberà gli altri, trovare scuse per evitare di svolgere attività che non si vogliono fare, essere evasivi e inaffidabili).

Coloro che gestiscono regolarmente la loro rabbia con questi metodi si aggrappano ad un atteggiamento infantile che pretende che prima debbano cambiare gli altri, e che solo dopo si possa attuare un qualunque miglioramento personale.

Una volta imparato a identificare l’obiettivo della rabbia e a riconoscere le opzioni a disposizione per stabilire cosa farne, si è vicini a liberarsi dai suoi vincoli. Un importante fattore di tensione che inibisce una buona gestione della rabbia è l’ansia di mantenere il controllo della situazione. Ogni volta che gestiamo l’ira in modo rigido e/o esplosivo, in genere è perché ci percepiamo controllati da altri e tentiamo di reagire aggrappandoci al controllo che esercitiamo noi. Possiamo però staccarci mentalmente dai giudizi altrui, senza che questo distacco si accompagni ad indifferenza.

Le persone possono commettere errori,  non essere obiettive o reagire in modo irrazionale, ma non possiamo permettere che questo influisca sul nostro umore. Siamo noi a scegliere quale comportamento mettere in atto per fronteggiare le circostanze frustranti.

La vera assertività è umiltà e apertura, ascolto e fermezza. In modo non polemico, pur saldi nelle nostre convinzioni, evitiamo così di negare il valore dell’altro e i punti di vista discrepanti.

La riflessione, e non la reazione cieca, è il vero motore del cambiamento. Esistono, infatti, persone capaci di esprimere la propria insoddisfazione con chiarezza, senza fomentare rabbia improduttiva, proteggendo le esigenze personali e, al contempo, riconoscendo la dignità dell’altro.

L’atmosfera di rispetto diminuisce la tensione facendo leva su schiettezza e autocontrollo e generando trasparenza. Anziché irrigidirsi sul ‘dover vincere’, possiamo manifestare sentimenti e pensieri in modo assertivo, invitando l’interlocutore ad aiutarci nella comprensione e nella ricerca di punti di contatto.

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